domenica 31 dicembre 2006

Caprile (Durazzano)

Attraversiamo per le colline la parte della Valle di Suessola che va da un estremo di Santa Maria a Vico a Durazzano, fino alla zona denominata Caprile.

mercoledì 9 agosto 2006

Verso Durazzano da Rosciano

Prima 'traversata' delle colline sopra Santa Maria a Vico, verso la zona di Caprile, Durazzano.

domenica 1 gennaio 2006

Indice dei documenti

VADEMECUM PER CHI VA IN MONTAGNA: TECNICHE DI ORIENTAMENTO E SOPRAVVIVENZA

 

(autore: biologo G. De Lucia)

 

Introduzione

Le carte geografiche dell'IGM

Calcolo della latitudine, longitudine e altezza di un punto

Uso della bussola magnetica e delle carte per orientarsi

Orientarsi con metodi empirici

Cosa portare e come vestire in montagna

Pronto soccorso in montagna

Cosa fare in caso di smarrimento, puntura di insetti, morsi di serpenti, assideramento

Consigli utili per escursioni in montagna

Decalogo per l'escursionista

Introduzione

La montagna ha sempre affascinato.
Anche i più incalliti bagnanti restano incantati dall’innumerevole esplosione di colori e vita che si presenta ai loro occhi durante la primavera e l’estate montana. Il modo migliore per affrontare la montagna è calarsi alla sua dimensione: in montagna non ci sono le comodità a cui siamo abituati a casa o in città, pertanto bisogna sapersi adattare alla nuova situazione. E’ inutile forzare la mano per cercare di piegare tutto alle nostre esigenze; è più conveniente lasciarsi trasportare, ricordarsi che anche noi facciamo parte del creato, e che sottostiamo alle stesse regole.
Perciò occorre rispetto, attenta osservazione e sensato modo di agire.

LE CARTE GEOGRAFICHE DELL’IGM

L’IGM fu fondato nel 1872 con il compito di redigere la cartografia ufficiale d’Italia. A quell’epoca erano già in fase avanzata i rilievi delle province meridionali, dal Napoletano alla Sicilia, pensati con criteri moderni iniziati subito dopo il 1860 da parte dell’Ufficio Tecnico dello Stato Maggiore, per ottenere una carta in scala 1:50.000 con linee di livello; essa fu terminata nel 1876. Esisteva allora anche la carta del Piemonte nella stessa scala, e la carta austriaca della Lombardia e dell’Italia centrale in scala 1: 86.400.
Nel 1875 fu deciso di redigere la carta fondamentale di tutto il territorio italiano in scala 1: 100.000, appoggiata ad una nuova triangolazione omogenea, in vista anche della possibilità che tale triangolazione servisse di appoggio ai rilievi catastali per la formazione delle mappe, voluta dalla successiva legge sulla “Perequazione dell’imposta fondiaria”.
Dovendo far figurare anche l’altimetria, non fu ritenuto sufficiente basarsi unicamente sulle livellazioni trigonometriche, fu perciò sviluppata una rete di livellazione di tipo geometrico di precisione, come voleva anche la Commissione Geodetica Italiana, rete che si sviluppò lungo le linee di particolare importanza, come le grandi arterie stradali, ecc.
I lavori continuarono fino a riuscire a redigere carte in scala 1: 100.000; 1: 50.000, ma anche carte in scala 1: 25.000 nelle zone militarmente importanti e più ricche di particolari topografici. Con l’impiego della fotogrammetria aerea è stato poi possibile coprire tutto il territorio italiano , nei suoi più piccoli dettagli, e riportarlo in scala
1: 25.000. Ma per poter eseguire progetti e studi sul territorio è necessario redigere carte in scala 1: 10.000 e 1: 5.000, cosa che l’IGM si è prefisso.
Le moderne carte dell’IGM, redatte nel sistema di Gauss (una carta redatta con il sistema Gauss è detta CONFORME; essa gode della proprietà che gli angoli fra due direzioni sull’ellissoide e quelli corrispondenti sul piano della carta sono uguali. Ciò in pratica si traduce che due figure, una sulla carta e una sull’ellissoide, sono simili, ossia conservano la forma e pertanto si è certi di trovare quel punto segnato sulla carta così come lo si vedrebbe al naturale.), sono in scala 1: 25.000, cioè un centimetro sulla carta corrisponde a 250 metri, e utilizzano un reticolato chilometrico che funge da ossatura, cioè la carta si poggia su una maglia di forma quadrata i lati dei quali hanno lunghezza convenzionale di cento chilometri. Il reticolo ha, inoltre, i lati paralleli ad un sistema di assi cartesiani in cui l’asse delle Y è rappresentato dal meridiano centrale del fuso (monte Mario a Roma); mentre l’asse delle X è rappresentato dell’equatore (Vedi fig. 1).
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Grazie a tale  reticolo ogni punto sulla superficie del territorio è individuabile tramite due segmenti di retta a partire dall’origine degli assi di riferimento; questi due segmenti sono detti: Longitudine (in senso orizzontale), e Latitudine (in senso verticale).
Ma ovviamente, dato che il territorio non è piano ma accidentato, un punto A avrà anche una certa altezza da una superficie di riferimento che è rappresentata dal Geoide il cui perimetro di curvatura segue il livello superficiale medio degli oceani e mari. Questa nuova grandezza, che ci permette di localizzare un punto nello spazio, è detta altitudine.
Pertanto le carte dell’IGM si dovettero arricchire di una nuova dimensione che tenesse conto della realtà di ogni situazione. Ciò si è ottenuto con l’uso di curve di livello (isoipse), posizionate ogni millesimo di quota della scala della carta, per quelle 1:25.000 esse si trovano ogni 25 metri di quota. (vedi fig. 2).
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Per rendere più complete le carte fu necessario introdurre l’uso di segni convenzionali che facessero capire cosa si rappresentasse, alcuni dei quali sono riportati in figura.
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CALCOLO DELLA LATITUDINE, LONGITUDINE E ALTITUDINE DI UN PUNTO A

La latitudine j di un punto è data dall’angolo formato dalla verticale passante per il punto stesso e il piano dell’equatore, ossia in parole povere è l’altezza che un punto ha dall’equatore.
Supponiamo di aver determinato il piano del meridiano passante per il punto A la cui verticale è AO, poniamo sul punto A un teodolite in modo che la sua linea di mira, ruotando lo strumento intorno al suo asse orizzontale, si muova sul piano del meridiano (Un meridiano è il semicerchio che congiunge un polo all’altro; mentre un parallelo è un semicerchio perpendicolare al meridiano, il parallelo più grande è l’Equatore).
In tale situazione, con opportuni movimenti in altezza del cannocchiale del teodolite, attendiamo il momento in cui una stella, ad esempio la polare S, passi nel piano meridiano (Culminazione superiore), ossia venga collimata col cannocchiale e misuriamo il suo angolo zenitale Z. Conosciuta la declinazione d della stella che è riportata da apposite tavole, si ricava la latitudine j .(Ovviamente ci vuole pratica per posizionare lo strumento in modo corretto, fare la giusta lettura, ecc.).
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La Longitudine di un punto A è l’angolo, in gradi sessadecimali o gradi centesimali o in ore, minuti e secondi, formato fra il meridiano fondamentale di Greenewich in Londra e quello passante per il punto A, considerato verso Est o verso Ovest; in poche parole è il tempo necessario che occorre al Sole per arrivare dal meridiano di Grenewich al meridiano del punto A, nel suo moto apparente (fusi orari). Il calcolo della longitudine può essere fatto anche con le stelle, ricordandosi che bisogna considerare il loro passaggio sul meridiano del posto ( verticale del posto: lo Zenith).
L’altitudine di un punto è riferita alla superficie del geoide che passa per un punto del livello medio del mare; per l’Italia tale punto si trova nel porto di Genova dove un apposito strumento misura continuamente la superficie di riferimento. Tenendo conto di questo, con opportuni strumenti e formule trigonometriche si riesce a stabilire l’altezza che un punto ha dalla superficie di riferimento. Un modo più approssimativo è quello di tenere conto della variazione della pressione atmosferica con l’altitudine; in merito a ciò esistono delle tavole e dei strumenti che ci permettono di conoscere l’altitudine di un punto. Il più delle volte però l’altitudine è segnata con accuratezza sulle carte geografiche.

USO DELLE BUSSOLA MAGNETICA E DELLE CARTE GEOGRAFICHE PER ORIENTARSI

La bussola è essenzialmente un ago opportunamente magnetizzato e inserito su un perno e libero di ruotare intorno ad esso, sotto a quest’ago in genere si dispone un quadrante con la rosa dei venti. L’azione del campo magnetico terrestre sull’ago magnetico fa sì che esso si dispone nella direzione Nord-Sud fissa in qualunque posizione sulla superficie della Terra ci si trovi. Ciò ci permette di avere sempre sotto controllo un punto fisso dei quattro cardinali, e di muoversi rispetto ad esso. Per evitare che l’ago subisca l’azione di altre forze: scosse, accelerazioni, ecc., l’intero ago è immerso in un bagno d’olio.
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Nell’uso della bussola magnetica bisogna tenere conto di due cose al fine di non commettere grossi errori di valutazione. La prima di non effettuare rivelamenti quando ci si trova inseriti in un campo elettromagnetico artificiale, o vicino a grosse quantità di materiale ferroso; la seconda, meno importante per piccoli tragitti ma rilevante per i grossi viaggi, è di tenere conto della declinazione magnetica. Ossia della differenza in gradi o frazioni di gradi fra Nord Magnetico e Nord Geografico. Tale differenza è opportunamente tabulata e varia da zona a zona.
La bussola si può usare da sola, e in questo caso servirà solamente ad appurare una determinata direzione di marcia, oppure con l’ausilio delle carte geografiche, e qui sarà utile per determinare la posizione del viaggiatore sulla stessa carta e quindi sul territorio. In quest’ultimo caso bisogna prima orientare la carta secondo la bussola: si noti che lo scritto sulle carte è fatto sempre nella stessa direzione, cioè per leggere un nome, un qualsiasi riferimento non si deve continuamente ruotare la carta. Allora si disporrà la bussola sulla carta e si vedrà dove segna il Nord, visto ciò disporremo la nostra carta con le scritte in direzione Nord in modo da far coincidere Nord Geografico con Nord Magnetico.
Ora basta scegliere due punti visibili e distanti fra loro sul terreno e segnati anche sulla carta; si collima prima per un punto traguardando attraverso la tacca di puntamento della bussola e il filo di puntamento; dalla geometria si sa che per due punti passa una retta e la si traccia sulla carta; fatto ciò si collima allo stesso modo l’altro punto e si segna una seconda retta; l’intersecarsi delle due rette tracciate sulla carta ci darà la nostra posizione.
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ORIENTARSI CON METODI EMPIRICI

Esistono altri metodi per orientarsi, alcuni dei quali approssimati, altri più o meno affidabili. Uno di questi è l’utilizzo di un bastone (metodo della Meridiana). Si dovrà adoperare un bastone alto minimo 1,30 metri, ficcarlo in posizione verticale nel terreno e notare l’estremità della sua ombra, marcando così il punto. Quindi si attende una decina di minuti e si osserva di nuovo la sua ombra che si sarà spostata a causa del moto apparente del Sole nel cielo, marcando così il nuovo punto. Ora poiché il sole si sposta apparentemente nel senso Est-Ovest, il primo punto marcato segnerà l’Ovest, il secondo l’Est. Tracciando una retta di congiunzione fra questi due punti si ottiene la direzione Ovest-Est; la perpendicolare ad essa ci darà la direzione Nord-Sud, ricordarsi che ponendosi con lo sguardo in direzione Ovest (primo punto marcato) il Nord è alla nostra destra.


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Un secondo metodo per orientarsi, specie di notte e quando è visibile la Luna, consiste nell’osservazione delle fasi lunari. Quando la Luna è in crescita volge sempre la sua “gobba” a ponente, a riguardo esiste un detto: “Gobba a ponente Luna crescente”. Al contrario quando è mancante; in quest’ultimo caso la “gobba “ segna il levante: “Gobba a levante Luna mancante”. Nel caso la Luna sia piena essa segna il Sud. Sempre di notte per orientarsi si possono sfruttare le costellazioni, ma in questo caso occorre una certa dimestichezza nel riconoscere quelle costellazioni più idonee: Grande Carro dell’Orsa; Piccolo Carro dell’Orsa; Orione; Cassiopea; il Cigno; ecc. (a tal riguardo inseriamo una carta del cielo alla nostra latitudine di inizio estate).


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Un metodo molto approssimato, ma che alcune volte è in grado di sbrogliare la matassa, è l’osservazione, ai piedi dei grossi alberi, di vegetazione come muschi e licheni. Essi prediligono luoghi più umidi, e dato che a Nord il Sole non batte, i grossi tronchi presentano in quella direzione l’habitat ideale per quel tipo di vegetazione. Però bisogna stare attenti che l’albero in questione non si trovi troppo vicino a corsi d’acqua o a paludi; ma bensì in luoghi più asciutti.
Infine ci si può orientare con un orologio a lancette: si vede che ora sono, compreso i minuti; il valore letto lo si divide per due ottenendo così un certo numero. A questo punto si orienta l’orologio in modo da far coincidere il valore ottenuto dalla divisione con la direzione del Sole, il prolungamento opposto a tale direzione ci da il Nord. Lo stesso metodo adoperato con la Luna ci darà il Sud anziché il Nord.

COSA PORTARE E COME VESTIRE IN MONTAGNA

Dato che bisogna salire, e a volte anche parecchio, è ragionevole non caricarsi troppo durante un’escursione in montagna, magari adoperando attrezzatura efficiente ma leggera che si trova nei negozi specializzati.
Iniziamo dall’abbigliamento: in montagna ci si veste a “cipolla”, non è uno scherzo; cioè il vestiario deve essere a strati che vanno ora aggiunti ora tolti a seconda delle condizioni meteo, di esposizione al Sole, di altitudine. Non bisogna coprirsi troppo o in modo da essere troppo complicato togliersi un capo quando la salita ci fa avvertire il caldo. Quindi usare una buona maglietta intima di cotone o lana se non si è allergici, magari a maniche lunghe; e su questa una camicia di flanella, oppure direttamente un buon maglione di lana che comunque va sempre tenuto nello zaino, pronto ad essere tirato fuori all’occorrenza. Ricordarsi di portarsi un ricambio intimo, se una volta arrivati alla meta si è troppo sudati; e di portare sempre una mantellina da pioggia nel caso il tempo peggiorasse. Come pantaloni, possono andare bene anche i jeans, ma sono preferibili pantaloni tipo mimetica militare che consentono una libertà di movimenti più elevata; se si è in estate anche quelli corti alla sahariana vanno bene,oppure quelli alla zuava.
I calzettoni devono essere lunghi, morbidi e spessi, pronti a proteggere e ad assorbire il sudore del piede chiuso negli scarponi; è conveniente portarsene un paio di riserva. Gli scarponi devono avere una suola antisdrucciolo di gomma idonei anche per piccole rocciature; non devono essere troppo alti alla caviglia e né troppo pesanti, in pelle o in camoscio purché impermeabili (esistono in commercio spray che impermeabilizzano le
scarpe). Se, e ciò capita molto spesso al mattino, bisogna attraversare un prato pieno di rugiada è conveniente portare con se della buste di plastica da indossare a mo’ di calzini per isolarsi dall’umidità che comunque passa. Un paio di guanti, un berretto, e occhiali da sole, possibilmente a vetri gialli perché minimizzano l’effetto riverbero, completano l’abbigliamento.
Come attrezzatura, e ciò dipende un po’ da cosa si va a fare in montagna, per le normali escursioni di trekking va portato uno zaino mediamente capiente, dotato di più tasche laterali in modo da suddividere e bilanciare il peso. In esso oltre al ricambio intimo, mantellina da pioggia e maglione, va messo una fune per le emergenze, coperta termica in alluminio leggero in caso di pernotto forzato o assideramento; scorte di alimenti, da intendersi tavolette di cioccolata, scatolame, integratori minerali; accendino e/o fiammiferi; specchietto per segnalazioni; coltello multiuso; borraccia; fischietto per segnalare la propria posizione in caso di smarrimento o infortunio; bussola; cartina del posto (non sempre è necessaria); un piccolo binocolo; farmaci vari compreso un siero antiveleno; un legaccio emostatico e una siringa di plastica; per i soggetti a pelle chiara conviene portare anche delle creme di protezione contro le scottature da Sole. Un buon bastone ci darà una mano ad affrontare la salita, ma ci potrà servire anche in altre occasioni. Inoltre nello zaino deve trovare posto, perché possono essere utili in qualsiasi momento, un fornello scalda vivande, delle diavoline per innesco fuochi, uno scaldamani magari ricavato da una lattina di coca cola, una candela, una torcia e delle batterie di ricambio, cordicelle di varia lunghezza e preferibilmente sintetiche tipo quelle delle tende veneziane.

PRONTO SOCCORSO IN MONTAGNA

La prudenza e il buon senso non devono mai mancare quando si effettua un’escursione in montagna, specialmente perché l’aiuto poi non è né tanto vicino, né tanto efficiente.
In caso di ferite da taglio con conseguente emorragia occorre innanzi tutto calmare il soggetto, farlo sedere e premere forte sul taglio magari con un tampone improvvisato. Quindi, se si dispone del legaccio emostatico e la ferita è localizzata sugli arti, legare a monte della ferita se l’emorragia è di tipo arterioso (il sangue esce a spruzzi); oppure a valle se l’emorragia è di tipo venosa (il sangue esce con flusso uniforme). Ricordarsi di allentare di tanto in tanto il legaccio (ogni dieci-quindici minuti) per evitare che la parte vada in necrosi. Se il soggetto non può muoversi, dopo averlo tranquillizzato e costatato che può essere lasciato solo, cercare aiuto.
Il caso di frattura di un arto occorre steccarlo con dei rami opportunamente tagliati e disposti longitudinalmente all’arto rotto con dei legacci (stringhe, pezzi di fune, strisce di stoffa ecc.). se la frattura è a livello spinale (il soggetto non può articolare le mani o i piedi e manca di sensibilità), non spostarlo assolutamente, ma tentare di immobilizzarlo così come sta e cercare aiuto.
Per le insolazioni occorre disporre il soggetto all’ombra, o per lo meno coprirgli il capo; quindi tenerlo cosciente con degli spruzzi d’acqua sul viso, farlo bere e bagnargli leggermente il capo, scoprirlo un tantino in modo da consentire un più rapido raffreddamento del corpo.
In caso di disidratazione e non si dispone d’acqua si può ricorrere a certe piante o radici di piante, e qui occorrerebbe una certa conoscenza botanica, stando attenti alle specie velenose o tossiche. Fra le piante più facili da riconoscere e usare annoveriamo i frutti della rosa canina, mirtilli, more, ribes, sambuco; fra le radici: il tarassaco o dente di leone.


Rosa canina


(rosa canina)

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(sambuco)

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(mirtillo)

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(more)

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(tarassaco)

COSA FARE IN CASO DI SMARRIMENTO, PUNTURA D’INSETTI, MORSI DI SERPENTI, ASSIDERAMENTO

Per tutti i consigli che qui tratteremo, premesso che in montagna è preferibile non andare mai da soli, la prima cosa che bisogna ricordare è: “ La calma è la virtù dei forti”.Lasciarsi prendere dal panico ha come solo risultato di peggiorare le cose, a volte con esiti fatali. E’ difficile, ma prendetela come una sfida.
In caso di smarrimento e non si dispone d’apparecchi radio e telefonici, occorre lasciare dei segni utili a coloro che si metteranno alle nostre ricerche: lasciare sempre detto dove si va, magari scriverlo su un pezzo di carta e lasciarlo ben visibile in auto; praticare delle incisioni di frecce su cortecce d’alberi; rottura di rami; ciuffi d’erba annodati ad indicare una direzione; segnali di fumo; segnali con rami disposti a croce su una radura scoperta, ben visibili ai soccorsi aerei; pezzi di nastro isolante, magari di colore vivaci, attaccati a rami, rocce, ecc.
Comunque al fine di non incorrere in questa spiacevole situazione è utile, prima di incamminarsi, fare bene il punto della situazione, prendere dei riferimenti lungo il tragitto; voltarsi di tanto in tanto indietro per capire se si mantiene una rotta e dove si va; osservare attentamente la presenza dei più piccoli viottoli, magari tracciati dal bestiame. Se si parte in gruppo è utile auto-contarsi in modo che ognuno sia identificato con un numero, e fare la conta a voce alta ogni tanto; nominare un capo gruppo il quale deve avere una certa esperienza e autorità, egli deciderà l’andatura che adatterà al soggetto più lento, le soste, i bivacchi.
Per le punture d’insetti non strofinare sulla parte lesa per non aggravare la situazione, ma applicare una pomata opportuna, oppure una strisciolina di stoffa imbevuta con acqua o meglio acqua ossigenata. Comunque esistono delle erbe che si possono reperire facilmente in montagna che contengono dei potenti insetticidi come l’aucubina; due di esse, molto comuni, sono rappresentati dalla Veronica officinalis e dalla Veronica chamaedrys; basta strofinarne un pò sulle parti esposte all’attacco degli insetti.


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(V. chamaedrys e V. officinalis)



Per i morsi dei serpenti, specie delle vipere, occorrerebbe iniettarsi il siero; comunque in caso di morso praticare una piccola incisione con il coltello sulla ferita e succhiare il sangue con la siringa senza ago; dopodiché fasciare con bende, anche occasionali, in modo abbastanza stretto. Tenere presente che il morso delle vipere nostrane non è tanto pericoloso, la quantità di veleno che esse riescono ad iniettare non è sufficiente ad uccidere grosse prede; però può costituire un serio pericolo per i bambini che vanno sempre tenuti bene d’occhio. Ricordarsi che le vipere sono animali a sangue freddo, cioè prediligono le zone assolate e sassose, specie durante le prime ore del mattino. Pertanto non sedersi sui massi e non spostarli con le mani nude senza prima essersi accertati che non costituiscono un pericolo con un bastone. Durante il cammino, di tanto in tanto, battere forte i piedi per terra, o lanciare dei sassi in avanti a breve distanza, le vipere sono come le lucertole scappano alle vibrazioni.
In caso di assideramento, e ciò capita specialmente in inverno, la cosa da non fare è la somministrazione d’alcool; perché anche se, in un primo momento può dare l’impressione di risolvere il problema, poi si rivela dannoso poiché gli alcolici sono vasodilatatori e aumentano la dispersione di calore. Quindi tenere a caldo il malcapitato, magari togliendogli gli indumenti inzuppati d’acqua; costruendo un ricovero di fortuna con la coperta di alluminio, o rami e foglie secche; una buca nel terreno e rivestirla di foglie secche. Con la lattina di coca o qualsiasi altra cosa simile e un cero, realizzare uno scaldamani; accendere un fuoco e disporvi a debita distanza l’infortunato ricordandosi che la sua sensibilità al caldo è diminuita, perciò cercare di non procurargli scottature mettendolo troppo vicino al fuoco; somministrargli una bevanda calda. E se il fuoco non può essere acceso per varie ragioni, occorre riscaldare l’assiderato col calore del proprio corpo, frizionargli leggermente mani e piedi.

CONSIGLI UTILI PER ESCURSIONI IN MONTAGNA

E’ giusto che si sappia: Gli eventi di pericolo sono molto spesso causati dall’imprudenza, e peggio ancora dall’inosservanza delle più elementari norme di comportamento in montagna.
Lo ribadiamo ancora una volta: la montagna non va assolutamente sottovalutata, va rispettata perché essa ha tutto il tempo per farci far male da soli. Una situazione di sopravvivenza potrebbe verificarsi in un qualunque momento della nostra vita, e in special modo in montagna. In questi casi l’individuo si trova a fronteggiare una situazione inusuale con pericolo di tracollo psico-fisico, tanto grave che alcune volte lo può spingere ad arrendersi e subire passivamente l’esperienza. In questa situazione diventa importante la volontà di sopravvivere. L’atteggiamento mentale in ambienti impervi è più ottimistico se la persona ha avuto in passato esperienze simili. Nel gruppo è importante allontanare dai compagni l’insorgere della paura, che porterebbe a soccombere agli eventi.
E’ importante mantenere la mente e il fisico impegnati!
Insieme alla volontà di sopravvivere, gioca un ruolo importante, la fiducia in se stessi, delle proprie capacità fisiche e mentali. Questo è il motivo per cui fare sport, non significa muovere solo i muscoli e il fisico, ma coordinarli in modo ottimale per avere le massime prestazioni col minimo dispendio di energie. L’autocontrollo, la calma, la fiducia delle proprie capacità garantiscono e infondono sicurezza e razionalità di decisione, evitando pericoli e dispendio di energia.
Quindi frequenti passeggiate in montagna arricchiscono l’individuo di esperienza, il quale troverà, in seguito, tale ambiente più familiare.
Le operazioni da svolgere in caso di emergenza possono essere così riassunte:

 

  • Fermarsi per organizzare le idee sul da farsi;

  • Conoscere le ore di luce a disposizione;

  • Conoscere le condizioni meteo, e imparare a riconoscere i segni premunitivi di peggioramento meteo;

  • Conoscere la morfologia del territorio;

  • Conoscere le condizioni fisiche proprie e/o del gruppo;

  • Razionare acqua e cibo a disposizione, ricordando che il corpo umano resiste alcuni giorni senza cibo, ma solo 24/48 ore senza liquidi;

  • Approntare mezzi di segnalazione per favorire la localizzazione da parte dei soccorritori.

La montagna può celare dei pericoli oggettivi intrinseci alla sua natura, specialmente se poi non si è adeguatamente attrezzati. Le mutevoli condizioni meteo possono trarre in inganno con conseguenze negative su fisico e morale. Quindi, anche in caso di tempo buono è fondamentale sapersi costruire un rifugio di emergenza, procurarsi il necessario per accendere un fuoco; in caso di neve evitare di camminare sulle cornici e diffidare dei pendii con inclinazione comprese fra i 20° e i 60°, in tal caso aggirare il pendio o a limite evitare, nell’attraversarlo, di tagliarlo trasversalmente; in caso di valanghe coprirsi le vie respiratorie con un fazzoletto onde evitare di rimanere soffocati dalla nuvola di neve che accompagna la massa vera e propria; se si è stato travolti cercare di essere liberi nei movimenti, togliersi lo zaino e tentare di mantenersi in superficie come se si nuotasse; in questi casi portare legati alla vita una funicella di colore vivace (rosso) lunga un paio di metri, può aiutare i soccorritori nella ricerca. Inoltre, se si è in grado ancora di muoversi, cercare di capire dov’è la superficie, e costruirsi una nicchia per poter respirare ed essere più liberi nei movimenti, quindi iniziare a scavare verso l’alto.
Durante escursioni più impegnative, o situazioni di una certa emergenza come può esserla un caso di smarrimento, occorre molta riflessione, decidere se sia meglio viaggiare o restare fermi in attesa di soccorso. Per fare ciò occorre valutare tutti i fattori che potrebbero condizionare o impedire la riuscita dello spostamento.
Decidere quale direzione prendere tenendo conto della resistenza fisica, della natura del terreno, delle ore di luce, della disponibilità di acqua e viveri.
Se si possiede una cartina della zona e si conosce la propria posizione dirigersi presso il più vicino centro abitato; nel caso invece che non si conosce dove ci si trova, è consigliabile seguire i corsi d’acqua nel senso della corrente, oppure i viottoli tracciati dal bestiame: essi porteranno presso luoghi abitati.
Se disponete di un binocolo, studiate a fondo ogni possibile percorso.
Per avere il senso dell’orizzonte arrampicatevi su un albero. Decisi di partire prendete con voi il materiale necessario: fiammiferi, accendino, bussola, carte geografiche, coltello, orologio, occhiali da sole, ecc.
Tenete sempre a portata di mano eventuali sistemi di segnalazione, poiché molte volte il tempo utile per inviare un segnale di soccorso è brevissimo, specie se gli aiuti sono via aerea, e non ci si può mettere a cercare il materiale di soccorso che sta in fondo allo zaino.
Durante la marcia alleggerirsi preventivamente, aprire un tantino le chiusure lampo per evitare di surriscaldarsi e perdere così molti liquidi con la sudorazione; appena fermi coprirsi per evitare grosse dispersioni di calore e un brusco raffreddamento.
Prima di abbandonare un luogo di sosta, lasciare dei segni che indichi che eravate lì e in che direzione vi siete spostati, lasciate anche qualche traccia durante la marcia.
Una volta partiti cercate di mantenere la direzione, specie quando aggirate un ostacolo.
Per mantenere una direzione, se non si dispone di bussola, scegliete due punti fissi e lontani sul terreno, e quando vi avvicinate al primo sceglietene un terzo e così via. Se vi trovate in una zona priva di riferimenti, ma siete in tre o più persone, separatevi e avanzate molto intervallati, voltandovi spesso indietro. Se procedete i fila indiana, quelli dietro devono seguire le tracce di quelli davanti. Se siete soli potrete mantenere una linea retta voltandovi indietro e vedere le tracce che avete lasciato, oppure potete piantare dei bastoni, o fare dei mucchi di pietre su cui allineare il percorso. In caso di perdita di orientamento non abbiate fretta per nessun motivo, riordinate le idee e cercate di richiamare alla mente l’orografia del terreno circostante, oppure arrampicatevi su un albero per cercare di orientarsi nuovamente; eventualmente ritornare sui propri passi quel tanto che basta per ritrovare nella memoria il percorso già effettuato. Se non si dispone di un orologio, si può tentare di calcolare le ore di luce a disposizione che vi restano, ricordatevi che tale metodo vale solo quando il Sole va verso il tramonto: in pratica con i pugni chiusi come quando si regge un bastone, le braccia distese in avanti, si contano, sovrapponendo un pugno sull’altro, quanti ne occorrono per congiungere il bordo inferiore del Sole con la linea dell’orizzonte: il numero ottenuto ci danno le ore di luce che ci restano prima che il Sole cali.
Un gruppo durante la marcia è utile che siano contati i suoi componenti, e ogni tanto rifare la conta; inoltre è utile che vi sia uno o due apripiste, e un terzo che controlla che essi mantengano la direzione scelta. Mantenete un passo regolare, senza alzare troppo i piedi dal terreno, e alternate marce di circa un ora con pause di dieci quindici minuti. Tenete il passo del più debole, restate in gruppo, non perdetevi di vista ma sopratutto mantenete la calma. Per non pensare allo sforzo della marcia, guardate l’alternarsi dei piedi di chi vi procede, ciò mantiene la mente impegnata. Affrontate le salite in linea obliqua per conservare le forze, oppure a zig-zag. Espirate a bocca aperta per prevenire il fiatone. Su terreno innevato procedere con cautela, sondando ogni tanto con un bastone.

DECALOGO PER L’ESCURSIONISTA

E’ possibile che fra i potenziali escursionisti vi sia qualcuno che non abbia una sufficiente esperienza della montagna. Si ritiene pertanto utile riepilogare alcune note di comportamento alle quali attenersi in caso di difficoltà. Queste semplice regole non sona state scritte per spaventare coloro che decidono di avventurarsi in montagna: sono solo delle norme alle quali attenersi in caso di necessità, considerando il fatto che ci si trova ad operare in luoghi lontani da centri abitati o vie di comunicazioni.
Tali norme, assieme alle segnalazioni non devono tuttavia essere considerate dei mezzi che in ogni caso consentono a tutti di effettuare i percorsi descritti.
Tuttavia grazie al loro rispetto e al rispetto per la montagna si possono affrontare escursioni nelle migliori condizioni di spirito ed apprezzare così in pieno le cose belle che incontrerete lungo il cammino.


  • Effettuare le gite secondo le proprie possibilità e allenamento facendo riferimento alle note introduttive che accompagnano ogni itinerario, dove sono segnate le ore di marcia, i dislivelli e le eventuali difficoltà. In caso di incertezza scegliere sempre un itinerario che sia al di sotto delle proprie possibilità.

  • Partire con tempo bello e stabile (aiutarsi con le previsioni del tempo in TV o radio). Partire presto e ritornare presto evitando di attardarsi in luoghi privi di appoggio

  • (ciò non vuol dire fare le corse o evitare le pause di riposo e contemplazione, ma significa che bisogna attenersi il più possibile alle tabelle di marcia).

  • In ogni caso essere attrezzati contro il mal tempo con giacca o mantello impermeabile. In caso di fulmini non disporsi sotto gli alberi alti e isolati, non portare bastoni bagnati e catenine al collo.

  • Data la complessità di certi itinerari e la mancanza di punti di riferimento bisogna avere sempre cartina e bussola.

  • Mai affrontare le gite da soli.

  • In caso di smarrimento della segnaletica, non tentare di proseguire ma ritornare all’ultimo segno visto e ripartire da questo.

  • In caso di incidente non farsi prendere dal panico. Se si è in più di due e l’infortunato non può muoversi, uno o più componenti devono restare con il ferito, mentre l’altro o gli altri cercheranno di raggiungere un centro abitato e dare notizia dell’accaduto. Nel caso si sia solo in due il compagno deve prima cercare di sistemare il ferito, il più comodamente possibile, lasciando a sua disposizione viveri, medicinali e indumenti, quindi cercherà aiuto.

  • Lasciare sempre detto ai familiari la meta della gita e quale itinerario si vuole seguire: da che centro abitato si parte e entro quanto tempo si prevede rientrare. Lasciare sul cruscotto dell’auto e bene in vista un messaggio con le stesse indicazioni.

  • Cercare di conservare il più possibile le forze e in ogni caso prima di una gita impegnativa effettuare qualche breve escursione nella stessa zona per meglio conoscerla.

  • Non sovraccaricarsi con pesi inutili, lo zaino tipo non dovrebbe superare i 3-5 Kg per escursioni giornaliere. In esso dovete sempre riporre: lampada a pile; piccolo pronto soccorso con cerotti, disinfettante, cardiotonici leggeri, bende, pomata antinfiammatoria, antinevralgici, siero antivipera (il tutto va conservato in scatola o busta chiusa); coltello e fiammiferi; giacca o mantello impermeabile; borraccia e viveri leggeri ed energetici. Per la stagione fredda ovviamente bisognerà aggiungere qualche capo caldo come berretto, guanti, giacca imbottita ecc.